“Quando sono entrata in magistratura, quasi vent’anni fa, non conoscevo la nostra storia, non credevo affatto che questa fosse una professione negata alle donne per una scelta consapevole di esclusione non solo di chi scrive la legge, ma della società tutta.”1 (Recensione).
L’ingresso delle donne in magistratura
L’ingresso delle donne in magistratura in Italia risale al 1963, quando la legge n. 66 regolamentò “l’ammissione della donna ai pubblici uffici ed alle professioni”2. Il primo concorso aperto alle candidate donne fu indetto nel maggio dello stesso anno, e risultarono idonee otto candidate su 187 (i posti messi a concorso erano 200).
Fino ad allora l’art. 7 della legge 17 luglio 1919 n. 1176 (abrogata dall’art. 2 della legge n. 66 del 1963) ammetteva le donne all’esercizio delle professioni ed agli impieghi pubblici, ma le escludeva espressamente dall’esercizio della giurisdizione:
Le donne sono ammesse, a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni ed a coprire tutti gli impieghi pubblici, esclusi soltanto, se non vi siano ammesse espressamente dalle leggi, quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politiche, o che attengono alla difesa militare dello Stato secondo la specificazione che sarà fatta con apposito regolamento3.
Nel 1947 l’Assemblea Costituente si trovò a decidere se riconoscere o meno alle donne il diritto di svolgere l’attività di magistrati. Il dibattito fu, in numerosi interventi, rivelatore di pregiudizi a lungo sedimentati:
“La donna deve rimanere la regina della casa, più si allontana dalla famiglia più questa si sgretola. Con tutto il rispetto per la capacità intellettiva della donna, ho l’impressione che essa non sia indicata per la difficile arte del giudicare. Questa richiede grande equilibrio e alle volte l’equilibrio difetta per ragioni anche fisiologiche. Questa è la mia opinione, le donne devono stare a casa.” (Antonio Romano)
Questi erano i toni diffusi all’interno dell’Assemblea, toni rappresentativi di una cultura che identificava la donna con il corpo e con le sue funzioni riproduttive e la confinava nella sfera domestica.
Nonostante ciò e nonostante l’esigua presenza di donne (solo il 4 %) l’Assemblea scelse di mantenere il silenzio su questa specifica questione, stabilendo all’art. 51 che “tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”.
Come osserva acutamente Paola Di Nicola ne La Giudice, questa “mediazione” fu raggiunta solo quando, a seguito della bocciatura dell’emendamento proposto a favore dell’ingresso delle donne in magistratura, “guardando oltre e temendo che questa posizione potesse in futuro interpretarsi come una volontà contraria all’accesso delle donne in magistratura”4 fu deciso di non decidere, rinviando la scelta a leggi future.
Furono necessari quindici anni dall’entrata in vigore della Carta fondamentale perchè il Parlamento approvasse una normativa specifica, la legge n. 66 del 9 febbraio 1963 appunto, che consentì l’accesso delle donne a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, magistratura inclusa. Nel frattempo si erano svolti sedici concorsi per uditore giudiziario, dai quali la popolazione femminile era stata indebitamente esclusa.
I primi 50 anni
Nel corso del convegno “Donne in magistratura. 1963-2013: 50 anni dopo” organizzato congiuntamente dal Comitato Pari Opportunità dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) e dall’Associazione Donne Magistrato Italiane (ADMI) è stato presentato il libro di Anna Maria Istasia, Donne in Magistratura – Associazione Donne Magistrato Italiane – ADMI (Debatte edit, 2013)
“Donne in Magistratura” è un’interessante ricerca storica sui primi venti anni di vita dell’ADMI che, a partire dal 1992 ha avviato una riflessione per il superamento del modello omologante maschile di giudice e per la costruzione di una nuova identità di genere.
L’autrice mette in luce come ad oltre 50 anni dall’ingresso delle donne in magistratura permangano meccanismi di esclusione che si traducono in un deficit di democrazia della istituzione giustizia, mantenendo le donne magistrato in una sfera di quasi invisibilità mano a mano che si sale verso le posizioni di vertice e i livelli decisionali del potere giudiziario.
La ricerca rappresenta, al tempo stesso, un invito alle donne ad incidere sull’organizzazione della società con un proprio autonomo contributo di idee e di progettualità, necessario per la piena realizzazione del principio di parità e per un cambiamento che sia effettivo e radicale.
Intervento della ministra della giustizia, Annamaria Cancellieri, al convegno “I primi cinquanta anni delle donne in magistratura: prospettive per il futuro”
La situazione attuale
Dal primo concorso, l’accesso delle donne in magistratura ha registrato dimensioni modeste nel primo periodo, pari ad una media del 4% -5% per ogni concorso, per aumentare progressivamente negli anni ’70 e ’80 , fino all’impennata del 58% nel 2009.
Attualmente, su 8678 magistrati 4006 sono donne, per una percentuale pari al 46%, e ben presto costituiranno la maggioranza, se continuerà il trend che vede le donne vincitrici di concorso in numero di gran lunga superiore a quello degli uomini.
La composizione di genere attuale, secondo il centro di Pari Opportunità del Consiglio Superiore della Magistratura, può essere descritta ricorrendo alla figura geometrica di una piramide con la base molto ampia e un vertice estremamente aguzzo. Mentre la presenza femminile tra i magistrati in servizio è in costante crescita da anni, al vertice della piramide le percentuali si affinano notevolmente, chiamando in causa il cosiddetto soffitto di cristallo.
“Nel 2010 su 153 presidenti di Tribunale solo 12 erano donne (l’8%), così come di 158 procuratori capi della Repubblica solo 11 erano donne (il 7%); a distanza di soli due anni le donne dirigenti di uffici giudicanti sono diventate il 18%, con un numero quasi del doppio, mentre nelle Procure oggi sono l’11%. Presso la Corte di cassazione ci sono attualmente 3 presidenti di sezione donne (su 44) e 59 consigliere (su 230).”5
Giuseppina Casella, consigliere del Consiglio superiore della magistratura parla della presenza delle donne nella magistratura italiana:
Il punto di vista di Paola Di Nicola
Dal percorso di Paola Di Nicola emerge un’idea di uguaglianza di genere tutt’altro che scontata, che non coincide con l’annullamento delle differenze, ma che da queste riceve impulso e ricchezza. Nell‘intervista rilasciata a Time For Equality, Di Nicola ribadisce come ancora oggi esista una “questione di genere”, intesa come mancanza di riconoscimento dell’arricchimento rispettivo.
Al contrario, sembra impossibile non riconoscere l’arricchimento che scaturisce dalle differenze se si considera la profonda trasformazione prodotta dall’ingresso delle donne in magistratura, ma sul quale purtroppo manca ancora un approfondito dibattito.
Come Gabriella Luccioli6 scrive nella post-fazione, la testimonianza di Paola Di Nicola è quella “di una magistrata a tutto tondo, che assume con orgoglio e dignità il valore della differenza non come valore “contro”, ma come uno stile irrinunciabile non solo per rendere visibile e autonoma la sua presenza e quella delle altre donne in magistratura, ma anche perché gli uomini si liberino definitivamente da quel ruolo pesante che storicamente li pone come paradigma e modello per l’altro genere”.7
Note
1. Paola Di Nicola, La giudice. Una donna in magistratura, Ghena, Roma, 2012, p. 41
2. Legge n. 66 del 9 febbraio 1963, Ammissione della donna ai pubblici uffici ed alle professioni
3. Art. 7 della legge 17 luglio 1919 n. 1176
4. P. Di Nicola, La Giudice, cit., p. 53
5. Ivi, p. 101
6. Gabriella Luccioli è stata la la prima donna ad entrare in Cassazione nel 1988 e ad essere nominata presidente di sezione alla Suprema Corte, nel 2008
7. Ivi, Postfazione, p. 170-171
Documenti
Donne in magistratura: una relazione di Pina Casella, in Diritto e Diritti, Ottobre 2003
Gabriella Luccioli, La presenza delle donne nella magistratura italiana, Centenario A.N.M. – 25 Giugno 2009
Anna Maria Istasia, Donne in Magistratura-Associazione Donne Magistrato Italiane – ADMI, Debatte edit, 2013
Luigi Ricci, La rappresentanza femminile nell’avvocatura e nella magistratura, 30 gennaio 2013, Le Formiche
Comitato per le Pari Opportunità del Consiglio Superiore della Magistratura
Tabelle: Situazione ruolo organico magistratura ordinaria